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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
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Antonio Manzini lascia da parte per un momento Rocco Schiavone e con lui l'indagine classica, le scene del delitto, le prove da raccogliere, le dinamiche a volte comiche a volte violente delle guardie e dei ladri. Ma tiene per sé l'intensità drammatica, i dilemmi morali, le ferite sentimentali che caratterizzano le storie del vicequestore romano, e pare ulteriormente amplificarle.
«Lontana da Rocco Schiavone, Antonio Manzini convince con una storia di dolore e vendetta. Umana troppo umana» - Stefania Parmeggiani, Robinson
In questo romanzo Antonio Manzini mette al centro di una vicenda amara e appassionante una donna, Nora, che sta tornando a casa con un treno interregionale. Seduto su una poltrona, non distante da lei, c'è l'assassino di suo figlio. L'uomo dovrebbe essere in prigione a scontare il delitto, invece è lì, stravaccato sul sedile. Dal giorno della morte di Corrado, Nora non si è mai data pace. Ora deve portare l'orribile notizia a Pasquale, il marito, col quale a malapena si parla da cinque anni. La vita di entrambi è finita da quando il figlio è stato assassinato da un balordo durante una rapina. Comincia così un calvario doloroso e violento, un abisso nel quale Nora precipita bevendo fino all'ultima goccia tutto il veleno che la vita le ha servito. Non può perdonare e accettare il figlio sotto una lapide e l'omicida in giro a ricostruirsi un'esistenza. Di chi è la colpa? Dove inizia la pietas e dove finisce la giustizia? E chi ha davvero il diritto di rifarsi una vita, quelli come Nora e Pasquale, che non riescono a smettere di soffrire, o chi ha sbagliato, ha ucciso un innocente e poi ha pagato la sua pena con la società? Forse non esiste un prezzo equo, un castigo sufficiente, per aver cancellato un'esistenza dal mondo. Dieci o venti anni di galera, sicuramente il prezzo per Nora e suo marito non è calcolabile; la giustizia fa il suo corso, vittime e carnefici si adeguano, ma non sempre. Almeno Nora tutto questo non l'accetta. Per lei quel giorno di viaggio in treno sarà «il primo giorno di quiete».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quando muore un figlio il dolore è immenso e senza fine ma ognuno reagisce in modo diverso. Nora e Pasquale hanno perso Corrado, ventitreenne, in seguito ad una rapina alla tabaccheria di famiglia. Nora sta tornando a casa col treno quando, improvvisamente, si trova davanti Daniele. Sono passati solo sei anni, com’è possibile che sia uscito di galera ? I due genitori non riescono a capacitarsi e la ferita, mai rimarginata, torna a sanguinare copiosamente. Non riescono ad aiutarsi scambievolmente, nel tentativo non tanto di accettare la situazione o superare le sofferenze, quanto almeno di rassegnarsi agli eventi e si allontanano tra loro sempre di più cercando vite diverse di vendetta. L’autore ha sottolineato i tanti punti di vista che caratterizzano una situazione, a seconda del ruolo rivestito da ciascuno nella vicenda. Scorrevole, piacevole, un po’ deludente il finale che avremmo voluto diverso. Buono.
Impossibile immaginare come si possa reagire alla perdita di un figlio , ucciso nel corso di una rapina ; gli stessi genitori del ragazzo lo fanno in modo diverso , ognuno chiuso nel proprio dolore , allontanandosi addirittura l'uno dall'altro anziché aiutarsi a vicenda . Manzini mette in scena una storia difficile e fino ad un certo punto abbastanza credibile , poi ad un certo punto la teoria dellla vendetta prende il sopravvento sulle emozioni; intendiamoci, ovviamente sono necessarie le descrizioni dei programmi messi in atto dai gentiori , ognuno a modo suo cerca vendetta o consolazione , resta il fatto che perde emotività come se procedesse per inerzia . Ad ogni modo resta interessante il punto di vista degli altri , della comunità e dei conoscenti , sia delle vittime che dei carnefici ; forse la parte migliore del romanzo
Manzini stavolta si confronta con il dramma e il risultato è .............drammatico, ma nel senso della piena riuscita del progetto. Ed è un progetto che non conosce il perdono, la misericordia, la pietas. Non riconosce alcuna efficacia all'amministrazione della giustizia e non ammette indulgenza. Non c'è vendetta né risarcimento e nemmeno posto per riflessioni etiche, esistenziali: Pasquale non ha scrupoli, ma solo consapevolezza della propria incapacità.
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