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Inizialmente pubblicato come "La tigre della Malesia", è qui che inizia la leggenda corsara di un eroe quasi immortale... Di nobili origini, strappato dalla sua terra, Sandokan si è messo a capo di tutti i pirati del sud-est asiatico e si è insediato sull'esotica isola di Mompracem. Non solo malesi, uno dei suoi più fedeli alleati, anzi il migliore amico, è il portoghese Yanez de Gomera. Una delle sue abilità migliori è il travestitiso: ed è proprio indossando i panni del nemico che aiuta Sandokan a salvare Lady Marianna Guillonk, la Perla di Labuan. A differenza di un Kipling che viaggiava nei luoghi di cui scriveva, Salgari troveva tutta la documentazione nei suoi libri (anche se questo lo esponeva a cantonate). Però, a differenza di Kipling, la sua opera è esente dalle critiche dello stereotipo letterario del "salvatore bianco". Perché il suo protagonista è una "autentica" tigre indiana. Per il piccolo e grande schermo Sandokan ha sempre avuto il volto di Kabir Bedi, dopo il famosissimo sceneggiato del 1976 realizzato da Sergio Sollima. Nel cast anche Carole André (Marianna), Philippe Leroy (Yanez) e Adolfo Celi (il cattivissimo lord James Brooke). Una pietra miliare della storia della televisione con l'immortale sigla degli Over Onions. Un fenomeno di fandom e merchandising senza precedenti. Non si contano i bambini nati in quel periodo che vennero chiamati... Sandokan! Linguaggio suggestivo, ritmo narrativo sempre al servizio dei colpi di scnea. E non manca la critica nei confronti del colonialismo inglese...
È da quando ero ragazzo che non leggevo più Salgari. Riprendendolo in mano, ho avuto due brividi. Il primo, nel ricordo di quando mi immergevo con totale dedizione e stupore nelle avventure di Sandokan e Yanez. Il secondo, nel raccapriccio di fronte ad un libro così falso e irreale. Falso per i gesti e le parole dei personaggi (soprattutto Sandokan e Marianna), così epici eroici buonisti da risultare nauseanti. Irreale per la trama generale del libro che non riesco a trovare credibile: un famoso pirata che, pur di avere la donna più gnocca del Borneo, non esita a far ammazzare tutti i suoi uomini, e questi felici come una Pasqua di farsi ammazzare per una causa del genere. Eppure, nonostante tutto, riesce a non essere una pessima lettura. Sarà per le scene di avventura genuina che costellano il romanzo. Sarà per la lotta animalesca per il puro predominio. Sarà per una scrittura scarna ma pur sempre migliore di tanta letteratura attuale. O forse sarà per il mito di Sandokan che ormai si è depositato in fondo al cuore e che niente riuscirà più a smuoverlo.
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