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2005 - Oscar [Academy Awards] - Miglior attrice - Swank Hilary
2005 - Oscar [Academy Awards] - Miglior attore non protagonista - Freeman Morgan
2005 - Golden Globe - Miglior attrice in un film drammatico - Swank Hilary
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Million Dollar Baby, regia e interpretazione di Clint Eastwood, parla del mondo della boxe con una voce fuori campo (Morgan Freeman) Proprio Clint è un manager e allenatore di una palestra trasandata, ma dalla quale, a volte, escono pugili forti. Lui è un tipo solitario e molto indeciso, infatti ai pugili più valorosi nega la possibilità di finali per paura che possano perdere e non possano avere un'altra possibilità. Il suo miglior pugile dopo che gli viene negata, per l'ennesima volta questa occasione, cambia manager. Nel frattempo in palestra arriva una ragazza (Hilary Swank) di poco più di 30 anni che è cresciuta con il sogno di vincere nella boxe. All'inizio lui è titubante in quanto non vuole allenare donne, ma dopo un pò di tempo si ricrede. Lei arriverà in poco più di un anno a combattere ad alti livelli, ma sul più bello un'avversaria le fa male in modo non sportivo. Da qui comincia il lato oscuro del racconto. Lei non si potrà più riprendere (Paralisi permanente) e piano piano, vedendosi ferma senza potersi muovere, chiederà al manager di aiutarla con un gesto estremo. Alla fine tante lacrime che ti lasceranno pensare a tante cose.
“Compio 32 anni, signor Dunn. E festeggio il fatto che ho passato l'ennesimo anno a lavare i piatti e a fare la cameriera, cosa che faccio dall'età di 13 anni. E secondo lei dovrei compierne 37 prima di diventare un pugile decente. E dato che è un mese che tiro pugni a questo sacco veloce senza risultati, comincio a rendermi conto della verità. L'altra verità è che mio fratello sta in galera, mia sorella truffa la previdenza sociale fingendo che suo figlio sia ancora vivo, mio padre è morto e mia madre pesa oltre 140 kg. E se dovessi ragionare a mente fredda, dovrei tornare a casa, trovare una roulotte usata, comprarmi una friggitrice e dei biscotti. Il problema è che mi sento bene soltanto quando mi alleno. Se sono troppo vecchia allora non mi resta niente. Le basta come spiegazione?” È questa la Maggie Fitzgerald (Hilary Swank) che vediamo sin dall’inizio, una donna che non ha quasi niente se non una sfrenata passione e determinazione nel volerla assecondare. Quando, dopo interminabili sforzi, riesce a farsi allenare da Frankie (Clint Eastwood) vede un senso per la sua vita. Match dopo match, Maggie diventa sempre più forte conquistando numerosi premi e il soprannome di Mo Cuishle (mio tesoro, mio sangue) datole dall’amato allenatore. “Se c'è una magia nella boxe è la magia di combattere battaglie al di là di ogni sopportazione, al di là di costole incrinate, reni fatti a pezzi e retine distaccate. È la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te.” La magia ci accompagna per tutto il film eppure il classico lieto fine lascia posto ad un finale carico di pathos. “Non posso vivere così, Frankie. Non dopo quello che ho fatto. Ho girato il mondo. Il pubblico ha inneggiato al mio nome, beh, più che al mio nome al soprannome che mi ha dato lei, però tifavano per me. Sono apparsa sui giornali. Chi avrebbe mai potuto immaginarlo.. Quando sono nata pesavo un chilo e cento scarsi, mio padre diceva sempre che avevo lottato per venire al mondo e che avrei lottato fino alla morte. E’ quello che voglio fare, ma non voglio lottare contro di lei. Ho avuto quello che volevo. Ho avuto tutto. Non permetta che mi venga portato via. Non mi lasci sdraiata qui finchè non sentirò più la voce dei miei tifosi.” Eccellente è l’interpretazione degli attori, tra cui ricordiamo anche Morgan Freeman nei panni del migliore amico di Frankie, e la regia di Clint Eastwood che si affibia il ruolo di un padre dalla corazza dura eppure pronto a cedere nella speranza di perdono da parte della figlia.
L’Eastwood di Million Dollar Baby nasconde le ferite nel buio di una palestra che si anima di chiaroscuri all’arrivo di una aspirante pugile. C'è vario amore nel rispetto reciproco, nella solidarietà tra emarginati, ma l’urgenza di piegare la vita ingrata con la rivalsa della dignità dà breve soddisfazione, l'illusione è aspra e la disfatta definitiva. Il film integra un’opera straziata nelle trame quanto serena nella narrazione, un cinema elegiaco striato di melò tragico e disperatamente umano.
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